PAROLE: FALSE INDICAZIONI

FALSE INDICAZIONI

“Confine”, diceva il cartello. 

Cercai la dogana. Non c’era.

Non vidi, dietro il cancello,

ombra di terra straniera.

Poesia di Giorgio Capron

Ci sono limiti e limiti. I limiti che mettiamo fuori sono i limiti che abbiamo dentro.

Cosa sono i confini se non un territorio dentro il quale parole, come “patria” e “fedeltà” sono più importanti di parole come individuo e libertà?.

Che cosa di questa civiltà, oggi, vale la pena di difendere? Ben poco se dobbiamo essere schiavi e vivere di illusioni.

Domande. Domande per conoscere, per capire, per cambiare i “programmi” mentali che fin qui ci sono stati installati. Programmi educativi che non tengono conto della crescita individuale. I poteri temono l’individuo libero.

E’ tempo di un nuovo esodo verso la terra promessa (la matafora biblica della fuga degli ebrei dalla schiavitù degli egizi) verso un livello di coscienza più alto (la libertà).

Domandati, quando guardi, con quali occhi guardi. Sono i tuoi occhi che vedono la realtà o la vedi con gli occhi degli altri e solo con ciò che ti è stato detto e insegnato.

La nostra mente è come una ampia stanza che all’alba è irradiata dal sole, innondata dalla luce, ma man, mano che cresce “le parole” la condizionano, chiudono quelle finestre aperte verso lontani orizzonti e la stanza si fa sempre più buia. Nel buio non cerchi più, non esplori, perdi la strada, vedi solo ciò che gli altri ti hanno fatto vedere che esiste. Non hai più la curiosità di sapere, sei rassegnato e ti fai accompagnare.

E’ una verità espressa nei primi versetti del vangelo di Giovanni. “E la luce (che non è lil verbo, ma il vedere oltre, l’esplorare, la ricerca) illumina le tenebre (le parole) e le tenebre non la possono fermare” . Verità di 2000 anni fa, che è stata tradotta dal greco in modo sbagliato: “E la luce (Dio, il verbo) illumina le tenebre e le tenebre (il Diavolo, il caos), non l’hanno accolta”. Troppo di parte.

Non so se è una coincidenza astrale che proprio questi giorni sia uscito il  film di Alberto Fasulo: Menocchio, il quale non usa la parole come linguaggio espressivo ma le immagini. Nel film si percepisce nettamente sia la coercizione del potere della chiesa (l’inquisizione) sia la stigmatizzazione (il marchio) della comunità verso un soggetto ritenuto “deviato”. Il Potere e il Giudizio degli altri, sono la pinza dentro la quale l’individuo è prigioniero.

Per chi a piacere di approfondire questo pensiero consiglio di vedersi la video conferenza di Igor Sibaldi “Intuizione e Attenzione”  seconda parte

allego link: https://www.youtube.com/watch?v=Q1KMbIWuSsQ

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