DIALOGO SULL’INQUADRATURA E LA COMPOSIZIONE (eretica)

Mungitura in malga Casa Vento Claut. Elementi in giustapposizione: stallone ricovero, tettoia, mucche, uomo, sgabello e letame. Composizione orizzontale con diagonale dx verso sinistra in primo piano, linee verticali delle colonne e delle mucche che accentuano la fuga prospettica della stalla. Soggetto principale: uomo sui 2/3 seduto sul famoso sgabello ad una gamba che permette di muoversi assecondando la mucca.
Semina delle patate. Elementi dell’inquadratura: campo vangato,patate, postura delle persone. Composizione: Primo piano terreno lavorato per accentuare l’importanza della natura; diagonale sx verso dx che rientra in alto per la profondità e la dinamica; mani della donna sui 2/3; postura della donna curva per accentuare la religione della fatica come condizione naturale non come maledizione (oggi la fatica è molto diversa: si fatica per i soldi e per cose superflue, non per il mangiare in se). Foto divisa a metà: metà inferiore dominio della natura e metà superiore intervento dell’uomo.
Mercato a Barcis anni 90. Tutti gli elementi sono in giustapposizione che consente, in una frazione di secondo, di percepire l’istante in atto con il relativo significato. un esempio semplice ma in stile attimo fuggente di Bresson.

Se ne dicono tante, soprattutto si citano spesso le regole auree come il toccasana della composizione di una bella foto.
C’è del vero se ci rifacciamo agli studi sulle proporzioni dei templi dell’antica Grecia e a molti altri studi di grandi filosofi antichi.
In fotografia ci sono alcune regole che vanno considerate utili, ma dopo possono essere superate dalla personalizzazione del linguaggio del fotografo. Ci sono regole compositive create da fotografi e pittori come Mondrian, Kandiski, Fontana ecc.
Mi spiego. Gli equilibri in una foto non sono sempre e solo matematici ma dipendono dalla scelta del fotografo che vuole farci percepire la sua visione, la sua interpretazione della scena; scelta che, a volte, diventa lo stile del fotografo. un vero e proprio linguaggio visivo.
Imparare le regole va bene ma ci sono cose più importanti da sapere e da sperimentare per riuscire a creare una foto che parli ed esprima stati d’animo e contenuti.

Vi siete mai chiesti perché nelle riprese cinematografiche collaborino persone come: scenografi, sceneggiatori, stilisti, parrucchieri, costumisti, fotografi e un regista?
Quando si è compreso questo, si capisce molto bene cos’è l’inquadratura e la composizione in fotografia e nel cinema.
Non sono necessarie definizioni ambigue come 5D, che ho letto qualche giorno fa.
Le dimensioni spaziali conosciute sono tre 3; tutto il resto che rientra in un’inquadratura fa parte della teoria della percezione visiva, chiamata GESTALT: teoria della FORMA o psicologia della FORMA ed è un osso duro da mordere perché dobbiamo parlare di percezione visiva.

Una breve sintesi.

LA PERCEZIONE
Il fenomeno della percezione rappresenta la prima e fondamentale forma di rapporto conoscitivo che l’individuo ha con il proprio ambiente vitale. E un processo interiore, psicologico alla nostra esperienza del mondo, che coniuga le informazioni sensoriali degli stimoli esterni con il processo della loro elaborazione intellettiva; si realizza una situazione di incontro partecipativo tra uomo e mondo: da una parte gli elementi del mondo esterno, dall’altra il soggetto che, a partire da questi, elabora e interpreta autonomamente l’immagine.
Il significato delle forme che siamo capaci di percepire deriva dalla memoria e quindi da un bagaglio di nozioni, credenze e concetti appresi in precedenza  da chi ci ha preceduto, fino al tempo dei tempi e reso utilizzabile dalla mente conscia e subconscia.
LA GESTALT o psicologia della forma

La teoria prende il nome da una scuola strutturalista tedesca (Scuola di Berlino) che negli anni ’20 modifico lo sviluppo della psicologia (Wertheimer nel 1923). L’impostazione di questa scuola, infatti, si contrapponeva a quella dominante tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 definita “associazionistica” perché riteneva che la percezione di un oggetto o di una scena fosse il risultato dell’associazione di tutti gli elementi che la costituivano.
L’idea portante dei fondatori della psicologia della Gestalt, che il tutto fosse percepibile indipendentemente dalla somma delle singole parti che lo compongono, in qualche modo si opponeva al modello associazionistico diffusosi dalla fine dell’Ottocento. E da qui la famosa massima: “Il tutto è più della somma delle singole parti”, oppure “l’intera sinfonia è molto più di ogni singola nota”.

Noi cogliamo l’insieme di un fatto, di una persona, di un ambiente.
E’ chiaro che ognuno di noi in base alla sua educazione, alla sua esperienza, alla sua cultura, ai suoi pregiudizi, alle sue credenze, alle sue convinzioni, ai suoi traumi percepisce sfumature diverse della stessa realtà. Qui si apre un’altra discussione che tratto in altri articoli: la teoria dello sguardo e i suoi limiti.

L’inquadratura fotografica insomma è un processo che prende in considerazione simultaneamente tutti i diversi aspetti della futura immagine (composizione, prospettiva, luce, movimento, posizione del soggetto in rapporto (in giustapposizione) con gli elementi attorno) perché sono indissolubilmente legati l’uno all’altro e il cambiamento di uno determina il cambiamento di un equilibrio percettivo dell’immagine finale.
E’ chiaro adesso l’esempio che ho fatto sulla cinematografia?
Provate ad immaginare di voler trasmettere l’emozione di un incontro o la tensione di un contrasto tra due persone o il conflitto di una persona o la sua gioia;  Cosa dovete fare?
Dovete inventare un set o cercare, nella realtà, l’ambiente che entra in giustapposizione con la tua intenzione.
Quindi: luogo, tipologia del’ambiente che trasmetterà certe informazioni, il/la modello/a,
magro/a, grasso/a, l’abbigliamento, la luce, la prospettiva, l’ottica. Alla fine se nell’inquadratura è stato scelto tutto con consapevolezza o intuizione, create una situazione nella quale tutti gli elementi sono in giustapposizione e la vostra foto esprimerà la vostra emozione o un vostro sentimento. È l’essenza della Street Photography. Pasolini ha definito la realtà un cinema in natura.
La realtà è piena di scene da fotografare già pronte, dobbiamo solo imparare a guardare (argomento del blog) anche quando non si fotografa, in modo da affinare l’intuito che sia pronto a recepire le cose quando sono in giustapposizione.
Anche il viso di una persona, un Primo Piano, può essere in giustapposizione quando l’insieme di tutte le sue parti strutturali, occhi, bocca, naso, muscoli facciali, cappelli concorrono ad un’espressione finale. Sta al fotografo percepire e cogliere l’intensità  dell’emozione che sta vivendo il soggetto o che lui vede.
Lo stesso vale per un paesaggio, un tramonto anche se sembrano tutti uguali l’esperienza vi permette di personalizzarlo, trasferendo la vostra emozione.

Come dicevo la Teoria della percezione (Gestalt) è un osso duro, mi auguro di averla introdottoa in modo abbastanza chiaro. In ogni modo nel libro di prossima pubblicazione: “Fotografia Eretica” ne parlo in modo approfondito e corredato di esempi fotografici (con mie fotografie).

Siate eretici

2 commenti su “DIALOGO SULL’INQUADRATURA E LA COMPOSIZIONE (eretica)”

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